“Ecco…lo Zen di oggi è addomesticato. Così piace, disimpegna, rassicura.”
“A me ricordare pubblicamente i miei maestri mi fa sempre venire il prurito, non ci posso fare niente. Quando scrivo di loro in maniera elogiativa mi pare sempre, in un certo senso, di offenderli.
Detto questo, parlando con un caro fratello di Zen (si, fratello di Zen e Zen l’argomento) e mi è tornato alla memoria il geniale titolo di un libro scritto dal Maestro Taino:
«La trippa ci sarebbe, mancano i gatti».
Ora, al di là del contenuto…com’erano ineguagliabili ‘sti uomini che quattro parole sapevano esprimere un universo di concetti!”
“Io lo capisco che per fare il prete Zen è necessario parlare, fare largo uso di figure retoriche, utilizzare schemi analogici e metafore. Poi certo spiazzare, sorprendere e poi di nuovo offrire soluzioni, ammaliare.
“Ho visto maestri Zen seriamente turbati per problemi minori. Personalmente poi qualcuno di questi maestri l’ho fatto proprio incazzare.
Non dico di altri che ho visto abbassarsi a chiacchiere da bar.
Allora cos’è in fin dei conti questo Dharma? Questa via per la Liberazione? Non è qualcosa che ha a che vedere con l’idea che ci siano persone infallibili, che ci sia un modo per essere perfetti, quanto qualcosa che ha che vedere con una prassi che possa farci vivere una vita quanto più pacificata possibile.
Ha più a che vedere con quello che sentiamo, con la qualità del nostro quotidiano invece che con quello che diciamo di essere o coi vestiti che indossiamo.”
“Se sono di sinistra vedono solo le colpe di Israele, se sono di destra vedono soprattutto le pene prodotte dall’integralismo.
I buddhisti lo stesso, i progressisti sostengono un Dharma moderno, lontano quanto basta dalle religione e dalle sue manifestazioni, i conservatori vogliono il vero Dharma, quello ortodosso che garantisce purezza.
E così vogliono piegare la morale, la religione, persino la compassione alle proprie idee, alle proprie convinzioni, alle proprie opinioni.
E chiamano questa libertà!”