Si tratta di una cosa un po’ intima…i miei amici lo sanno come la penso, ma di tanto in tanto qualcuno mi interroga su questa cosa o semplifica dicendo: Daishin non fa più nulla!
Si vero, a parte la mia personale pratica, e qualche sporadica attività condivisa, non tengo più un gruppo, un Sangha, un centro, a volte qualche Zazenkai, ma con uno spirito totalmente svincolato da obblighi, si per me che per chi vi prnede parte. Di questo ne ho parlato, non mi va più di mettere in piedi cose che poi devono reggersi con la pubblicità…o peggio la coercizione.
Poi -e ne parlo perché possa essere utile come spunto a chi me ne chiede conto- non faccio più quella che si può chiamare “militanza religiosa”.
Mi piace pensarmi come uno degli ultimi zenisti cialtroni di prima generazione, quando tutto era indefinito, ci si aggrappava a fuggevoli esperienze, fotocopie di libri, si praticava nelle botteghe.
Intendiamoci, non che non sia giunto al bivio del “fare le cose per bene”, ma a quel punto ho scelto un’altra strada. Tutto qui.
Allora mi accorsi che per giocare a questo gioco di ruolo del prete, del maestro Zen, era necessario scendere a compromessi, fare tanti sorrisi, essere sempre presente.
Inoltre era necessaria una certa qualità di “impeccabilità” che proprio non m’appartiene.
Bisognava, in un certo qual senso, adeguarsi ad un archetipo. Ripetere i luoghi comuni del Buddhismo, quattro cose banali in croce che possono dire tutti, scimmiottare il proprio maestro per darsi un bel marchio di fabbrica, meglio se sottolineato in ogni presentazione, quasi come se senza di quello non si avesse identità, dignità nello Zen.
Poi…e non me ne voglia chi si adegua, bisogna presenziare.
Si, presenziare a tutto: convegni, tavole rotonde, consessi; bisogna essere invitati e se non lo si è cercare il modo di esserlo. Visitare carceri, ospedali e far sapere che lo si fa; bisogna scrivere, tanto, meglio se libri, ma va bene pure una discreta presenza social, interventi, post aulici.
Una volta uno studente mi chiese se mi aggiornavo (!), come se l’esperienza, l’intuizione e la conoscenza necessitassero di aggiornamento.
Ecco, io a questo Zen alla perenne ricerca di una validazione istituzionale, ecclesiale, ufficiale, non ci credo più; su questa necessità di darsi da fare, farsi vedere, farsi leggere sono stato spesso perplesso; allo Zen che ricalca parole, gesti, progetti dei maestri non ho mai creduto.
Intendiamoci, chi fa altro, se sta bene, ha il mio plauso, la mia ammirazione. Ma io sto bene così, mi basta quello che faccio, conosco, ciò di cui ho fatto esperienza. Potevo fare di più? Potevo fare altro? Certo!
Che poi una di quelle cose, che come un mantra ha influenzato una prospettiva contorta e a mio avviso un po’ nichilista della pratica è quella visione esasperata dello Shikantaza, che appena conosciuto si fissa come una ideologia prima di -e a volte senza mai- divenire esperienza profonda: non si pratica per stare bene…si pratica senza obiettivi. Sarà…
Comunque…quando ho iniziato a praticare e studiare il Dharma, oramai una trentina di anni fa, di tanto in tanto venivo a conoscenza di taluni buddhisti pentiti, ex praticanti scoppiati, spesso screditati e comunque lontani dal mondo della pratica.
Oggi, la mia esperienza personale mi fa considerare che le cose sono in un certo senso assai cambiate.
Certo esiste sempre quel gioco di discredito dei fuoriusciti dalle comunità, di chi s’è ribellato a dinamiche, pure funzionali ma magari in qualche misura opprimenti.
Tuttavia esiste una diffusa consapevolezza, di buddhisti (o buddhisti che non si dicono buddhisti, cosa che trovo sempre divertente ma lecita) che oserei definire: scollati; non lontani, non ex, con una propria visione d’insieme, inclusiva, a volte un po’ arrabbiata ma che non necessariamente hanno abiurato a tutta la loro esperienza come invece capitava nel passato. Oserei dire con una visione matura.
Ecco, per questo io, ma anche altri cerchiamo di esprimere che non si tratta di “smettere” ma di trasformarsi, di sviluppare un modo diverso, originale, nuovo che poggi certo sulle solide basi del Dharma.