La competitività in ambito spirituale

La competitività in ambito spirituale è una aberrazione.
Naturalmente a tutti noi piace e convince il percorso che abbiamo intrapreso ma quando scendiamo sul piano del paragone con quelli che fanno altro rischiamo di dire sciocchezze…o comunque mai verità assolute.
Questo vale anche per alcuni capisaldi della percezione occidentale del Buddhismo.
Ad esempio, qualche giorno fa ne parlavo con uno stimato vecchio amico, l’idea di un . , ‘ ‘, anche se concettualemente vera nella maggior parte delle scuole (ma non in tutte) non si coniuga poi con molte realtà che ho conosciuto e studiato.
Ancora. . !
Mah, io ho bazzicato un po’ i centri italiani e studiato un po’ la storia di questa cosa e francamente non mi pare veritiera. Gli uomini e le donne del B. (non il B. di per se, come non il Cristianesimo) applicano varie forme per diffondere, far conoscere, attirare gente.
. .
Questa è una mezza verità che si fonda sul fatto che i buddhisti non hanno avuto mai poteri ecclesiali centralizzati, capillari e di influenza politica in analogia a quelli cristiani e islamici. Tuttavia, purtroppo, la storia buddhista ci presenta una serie di abusi e violenze, sia nell’antichità che oggi; in particolare dove c’è stata commistione di potere e religione ciò è spesso avvenuto.
La lista potrebbe essere più lunga, si deve tenere conto delle tante scuole e interpretazioni, contestualizzare i tempi e i luoghi ma credo che se vogliamo progredire con questa cosa qui da noi, dovremmo andare oltre i paragoni e le frasi fatte. Anche oltre l’idea del B. meglio degli altri o di un B. migliore di un altro.
Il Dharma del Buddha è un insegnamento magnifico, ha 84.000 vie d’accesso, e questo già ci dovrebbe far intuire il suo valore di inclusività, adattabilità verso il superamento delle divisioni. Partiamo da questo.

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